Tra le Gole di San Martino, la piccola Petra d’Abruzzo

L’Abruzzo è uno scrigno di tesori nascosti, da scoprire a piccoli passi. La varietà di itinerari in grado di offrire è immensa ed è impossibile esaurirla in un solo breve viaggio.

Dopo aver scoperto gli eremi di San Bartolomeo in Legio e di Santo Spirito, è la volta di un altro luogo unico nascosto in un cuore di pietra. Qualcuno ha chiamato questo luogo “la piccola Petra d’Abruzzo”: parlo del monastero di San Martino e delle omonime gole, situate all’interno del Parco Nazionale della Majella, nei pressi della cittadina di Fara.

Le gole e il monastero di San Martino sono due dei novantacinque geositi identificati in tutto il territorio del Parco della Majella, nominato recentemente Geoparco UNESCO, poiché custode di particolarità geologiche, della biodiversità, della storia dell’uomo e della sua cultura.

Questo sito unico è una di queste meraviglie. Raggiungerlo è molto semplice: bisogna prendere il sentiero H1 (bandierine bianche e rosse) dal parcheggio in prossimità delle Gole, che è situato nella parte bassa della città di Fara ed è ben segnalato dai cartelli turistici. Qui è anche possibile noleggiare a 2 euro un caschetto che è altamente consigliato perché dall’alto potrebbero cadere dei sassi. Mentre stavamo riflettendo sull’investimento, la ragazza del chioschetto turistico ci ha raccontato che purtroppo qualche anno fa una signora è morta proprio perché colpita da un masso (ho controllato, la notizia purtroppo è vera). Anche memori dell’esperienza sul Gran Sasso, un secondo dopo avevamo il caschetto sulla testa.

Il percorso si addentra subito tra le imponenti gole; nella prima parte il passaggio è stretto e le pareti rocciose sembrano quasi toccarsi. Anche questa sembra una similitudine con il famoso sito archeologico giordano. Poi poco a poco il sentiero si apre sulla vallata e, guardando in alto, non si può non restare colpiti dalla maestosità di questi massicci.
Secondo la leggenda, le gole furono aperte da San Martino con la forza delle braccia per consentire alla popolazione di accedere più velocemente agli alti pascoli della Majella. In realtà il merito di quest’opera è l’acqua, che dalla glaciazioni in poi ha eroso incessantemente la roccia.

Dopo pochi metri di cammino si arriva al monastero, incorniciato nella roccia, portato alla luce da scavi recenti. Di questo suggestivo luogo si conosce ben poco. Probabilmente la struttura di cui si possono vedere i resti sorse su un insediamento eremitico, costituito inizialmente da una cella scavata nella roccia. La sua presenza è stata attestata per la prima volta nell’829 e tra il IX e il XVIII secolo ha subito diversi rifacimenti. Noi abbiamo potuto ammirare i resti del monastero al di fuori del cancello chiuso, che si affaccia verso un cortile interno delimitato da un portico a tre arcate, sul lato nord del quale si trova un campanile a vela. Il luogo dove è collocato questo edificio è pazzesco, unico, sicuramente in grado di emozionare.

Dopo aver raggiunto l’eremo le opzioni sono due. I più allenati e temerari possono decidere di proseguire il percorso a piedi per inoltrarsi in un trekking impegnativo di 9 ore che conduce fino alla vetta del Monte Amaro, a quota 2793 metri. Oppure si può tornare indietro e, posato il caschetto, raggiungere a piedi le sorgenti del fiume Verde, poco distanti, dove si può riposare e prendere un po’ di fresco. Per questioni di tempo e scarsa preparazione atletica, noi abbiamo optato per questa seconda opzione.

Il nostro viaggio tra le montagne, i borghi e i parchi dell’Abruzzo si è concluso…ma solo per il momento! Inaspettatamente è stato un viaggio, breve ma intenso, che ci ha lasciati con il desiderio di tornare al più presto in questo territorio così ricco.

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