Silenzioso. Apparentemente disabitato.
Le case in pietra, addossate una sulle altre; alcune sono avvolte da piante rampicanti. Le vie strette, gli affreschi scrostati, i pergolati con la vite, i cancelli in ferro in stile Liberty. Imponente si erge anche l’edificio di una vecchia fabbrica non più in uso.
Sembra un paese come ce ne sono tanti altri, dal fascino decadente, senza traccia di vita umana. A parlarci sono le strade, le case e i loro decori. Ci parlano nel silenzio di un apparente abbandono.

In realtà questo borgo vive, nascondendo un segreto e una storia particolari, impossibili da scorgere con un primo rapido sguardo.
In questo piccolo angolo di Piemonte la montagna respira e, attraverso il suo respiro, ci racconta di questo borgo antico e della sua tradizione popolare.
Siamo a 5km a nord di Ivrea, nel piccolo centro abitato di Borgofranco, e quelli che ci parlano sono i Balmit (Balmetti).
L’insediamento di Borgofranco è nato in epoca romana come accampamento difensivo non soggetto a tassazione (da qui il nome “borgo franco”).
La sua storia si intreccia alla conformazione del territorio in cui è situato, che comprende una parte della Serra d’Ivrea, particolare collina morenica formatasi dal ritiro dei ghiacciai valdostani.
Proprio ai piedi di quest’ultima, addossati al massiccio del Mombarone, sono nati i Balmetti. Ma cosa sono?
Il nome Balmetto deriva dal termine celto-ligure “balma”, con il quale si indica una struttura ricavata al di sotto di una roccia, proprio come una grotta.
I Balmetti infatti sono caratteristiche cantine scavate nella roccia morenica dalla quale, attraverso un particolare fenomeno naturale, escono correnti d’aria fredda chiamate “òre“; queste consentono di mantenere all’interno delle cantine umidità e temperatura costanti (7-8 gradi tutto l’anno) e le rendono ideali per la conservazione di vini e formaggi. In alcuni Balmetti l’aria arriva direttamente, altri sfruttano òre secondarie.

A Borgofranco ci sono circa 200 Balmetti e sono tutti privati, tramandati da generazione in generazione.
La loro origine è legata all’antica coltivazione della vite, presente in zona già dal XII secolo. Il territorio di Borgofranco un tempo era molto paludoso e quindi non era adatto per ricavare cantine nel sottosuolo; per questo motivo i suoi abitanti decisero di sfruttare questi getti d’aria fredda costruendole poco fuori dal centro del paese.
Con il passare del tempo, dalle cantine scavate nella roccia, gli abitanti hanno costruito strutture più complesse che insieme hanno dato forma a un grazioso borgo dai vicoli stretti in cui è bello perdersi.




I Balmetti normalmente hanno una pianta rettangolare e all’esterno c’è un cortile delimitato da un cancello di legno o di ferro (particolarmente belli sono i cancelli con decori in stile Liberty), un pergolato (le tipiche tòpie) con la vite o altri rampicanti, panchine in pietra o in legno.
Il piano terra è costituito dal “balmetto” vero e proprio; il piano superiore può avere una o due stanze con il caratteristico “putagè” (fornello) o il caminetto. Le stanze da letto invece non ci sono perché, data la sismicità del luogo, una legge regionale ne ha proibito la costruzione.
Via del Buonumore, Vicolo di Bacco, Via della Coppa. Dal nome di alcune vie e dalla loro conformazione si può intuire che la storia dei Balmetti è anche una storia di tradizione e convivialità; in questo luogo le famiglie e gli amici si riunivano e si riuniscono per festeggiare le ricorrenze o per consumare un pasto in famiglia.






Ancora oggi i viticoltori di Borgofranco producono il Vin del Balmet bianco (da uve Erbaluce) e il Vin del Balmet rosso (misto di Nebbiolo, Barbera, Neyret e Vernassa).
Ma non c’è solo vino in questa storia. Altre due realtà economiche sono legate a questo particolare luogo.
I Balmetti infatti vennero sfruttati anche per la stagionatura e maturazione dei formaggi, in cui nell’800 si specializzarono Luigi Ferrando e Egidio Torreano, antenati dell’odierna azienda casearia “Egidio Torreano e figli”; negli anni cinquanta registrarono il marchio “Fontegidia”, un particolare tipo di fontal di cui le forme sono fatte riposare 80 giorni su assi di larice rosso.
Inoltre, passeggiando per il paese è impossibile non notare le mura abbandonate di una vecchia fabbrica, che ora rappresentano un perfetto esempio di “archeologia industriale”. Un tempo queste mura appartenevano a uno stabilimento birrario fondato da Luigi De Giacomi, originario di Chiavenna, in Lombardia. In questa località esisteva un fenomeno simile a quello di Borgofranco; i Crotti di Chiavenna infatti non sono altro che cantine naturali in cui soffia aria della montagna detta sorèl. Sfruttando questa particolarità del territorio e questo sapere, De Giacomi diede vita alla sua fabbrica a Borgofranco d’Ivrea; i Balmetti si dimostrarono un ambiente ideale per conservare i suoi prodotti.




Oggi i Balmetti stanno tornando a vivere grazie ad alcune realtà che hanno creduto nel potenziale di questo luogo.
In questo piccolo borgo che sembra completamente abbandonato, troviamo il ristorante Balmetto Mercando, adatto ai palati più pretenziosi, e il ruspante e popolare Balmetto del Farinel on the road, conosciuto food truck piemontese che accoglie i visitatori nel grande cortile del suo balmetto e li delizia preparando a bordo del suo furgoncino panini giganti, miasse (antica specialità Canavesana cotta su ferri arroventati sul fuoco) e carne alla griglia. Se glielo chiedete, Marco vi mostrerà l’interno del Balmetto con il famoso bocchettone di aria fredda di montagna.
Con lo scopo di valorizzare e far conoscere le tipiche cantine di Borgofranco, nel 2018 è nato anche il Comitato “J Amis dij Balmit”, che organizza eventi di cui il ricavato viene dedicato alla promozione e al recupero del territorio.



Secondo me questo è solo l’inizio della rinascita di questo luogo speciale e dalla storia quasi unica, che giustamente non vuole essere dimenticato. Speriamo comunque che la sua anima autentica, senza fronzoli, e la sua aria un po’ retrò non vengano calpestate in nome della movida e del consumismo sfrenato.
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