Al cospetto di imponenti pareti di roccia, ci sono tre tipi di persone: ci sono quelle che vanno verso l’alto, sfidando il senso di vertigine e la gravità, si appendono come lucertole e arrampicano; ci sono quelle invece attratte dalle viscere della terra, che si divertono a strisciare nei cunicoli, affrontando il buio e la claustrofobia con una torcia sulla fronte; e poi ci sono quelle come me, che restano ai loro piedi guardando verso l’alto e, con rispetto e venerazione, osservano le imprese degli altri.
Finalborgo è forse una delle poche città liguri dove si può girare vestiti alla buona o sporchi di fango senza essere fissati come dei rifiuti umani. La sua fama infatti è data, oltre dal fatto di essere un incantevole borgo medioevale, dall’essere considerata una sorta di “Capitale dell’outdoor”.
Il territorio circostante è ricco di sentieri percorsi da camminatori e ciclisti livello pro; inoltre le sue imponenti falesie attirano ogni anno centinaia di arrampicatori italiani e stranieri.
La particolarità dell’ambiente di questa zona è dovuta alla tipologia di pietra bianca, calcarea, delle pareti rocciose, che nascondono tra l’altro una grande quantità di grotte.

La mia personale impresa, che racconto in questo articolo, non ha niente a che vedere con la speleologia e il free climbing; volevo semplicemente esplorare la zona delle grotte del Finalese da umile camminatrice. L’obiettivo era quello di fare un percorso ad anello con tappe nelle grotte più degne di nota, ma lo dico con sincerità….questo giro è stato un gran casino!
Non avevo trovato molte informazioni su internet, né tracce molto precise (probabilmente perché tra pareti rocciose e grotte il segnale gps impazzisce). Con tutto il bene che voglio alla Liguria, posso affermare che la condizione dei sentieri che abbiamo percorso non era molto buona; spesso ci siamo trovati persi in una fitta boscaglia o ad arrampicarci su pendii rocciosi e scivolosi. La cosa peggiore è che la segnaletica è ridotta al minimo sindacale e in prossimità delle grotte non ci sono cartelli o indicazioni (in realtà il fatto di non mettere indicazioni precise sembra quasi fatto apposta per rendere quei luoghi frequentati solo da conoscitori fedeli, soprattutto gli arrampicatori). Quindi non solo abbiamo più volte sbagliato strada, ma abbiamo pure mancato alcune delle grotte che volevamo vedere. Poi, avendo perso parecchio tempo, abbiamo dovuto tagliare l’itinerario che avevamo pensato, perché il rischio era quello di trovarci nel bosco con il buio.

Comunque, visto che il tentativo è stato fatto, di seguito riporto il racconto di questa avventura escursionistica in territorio ostile ligure.
Abbiamo lasciato l’auto a Finalborgo (con incredibile fortuna abbiamo trovato un posto non a pagamento), che è quello che consiglio di fare se si vuole approfittarne per fare due passi anche nel caratteristico borgo. L’alternativa è quella di salire con l’auto a Perti Alta, dove si può lasciare abbastanza abusivamente lungo la strada in prossimità della Chiesa dai Cinque Campanili (Nostra Signore di Loreto), oppure in località Cianassi. Ovviamente a seconda di dove si parcheggia, il giro prenderà una direzione diversa.




Partendo da Finalborgo, si prosegue per l’itinerario dei Cinque Campanili su per una bella rampa che porta prima al Forte San Giovanni (visitabile gratuitamente), poi al Castel Gavone e in seguito, percorrendo una bella stradina circondata dagli ulivi, alla Chiesa di Sant’Eusebio. Dalla chiesa si prosegue su strada asfaltata, si passa davanti a una grotta chiamata Arma di Perti (il termine “arma” si traduce con grotta) e nei pressi della chiesa Nostra Signora di Loreto si gode di una vista splendida sulla valle fino al mare.
Da qui le opzioni sono due: la più semplice prevede di continuare su strada asfaltata fino alle case di Perti Alta, attraversare il torrente e da lì prendere un sentiero che si arrampica nel bosco verso pareti rocciose. Facendo così, ci si assicura di raggiungere in breve tempo le due grotte più spettacolari, quella dell’Edera e quella della Pollera, relativamente nascoste ma vicine.

Ovviamente noi abbiamo optato per la soluzione più complicata, volendo percorrere appunto un giro ad anello per vedere il maggior numero di antri e concludere l’escursione proprio con queste due grotte menzionate.
Non abbiamo quindi attraversato il torrente, ma abbiamo proseguito su asfalto fino ad un rudere di una vecchia chiesa. Lì vicino, sulla sinistra, parte un sentiero segnalato con un cartello che dice “Falesia del suonatore Jones” e che sale su ripido nella fitta boscaglia, dove è facilissimo perdersi perché ovviamente la segnaletica è assente. Infatti per un breve tratto anche noi abbiamo perso la traccia e ci siamo trovati a inerpicarci tra arbusti pungenti e fitta vegetazione, manco fossimo impegnati in un’esercitazione militare.
SE NON CI SI PERDE, si incontrano la Grotta del Mulo, la roccia della Tartaruga e la grotta Arma delle Anime. SE NON CI SI PERDE, si incrocia e si imbocca la Via del Purchin dalla quale, con una breve deviazione, si può raggiungere anche la croce di vetta. Percorrendo la via del Purchin si dovrebbe arrivare anche al Grottin del Bric della Croce, grotta con due accessi situata nei pressi dell’omonima falesia.
Purtroppo, non è così facile indovinare la retta via e può capitare di perdersi lungo questo tragitto che tra l’altro ha alcuni tratti esposti dove bisogna fare molta attenzione.





Concludendo la Via del Purchin, si arriva al parcheggio/area pic nic (dove si trova anche una fontanella) situato in località Cianassi.
Da qui abbiamo appreso la possibilità di tornare indietro per lo stesso sentiero di provenienza per poi raggiungere, attraverso un’altra deviazione, le grotte Arma della Rocca di Perti e la Grotta Superiore della Rocca di Perti, la quale si snoda su due livelli. Per questioni di tempo abbiamo dovuto rinunciare a questa visita e proseguire invece per il sentiero che, da Cianassi, conduce prima alla Grotta della Pollera e poi a quella dell’Edera.
Anche per trovare queste due famose grotte è stato un delirio poiché, a parte le indicazioni che si trovano all’area pic nic, poi bisogna affidarsi al gps, al sentimento e alla fortuna. Non sono mancati quindi i momenti di frustrazione e sconforto, con il sottofondo del vociare degli arrampicatori (spesso il nostro unico punto di riferimento) appesi qua e là sulle pareti di roccia e nascosti dalla fitta boscaglia .





Dopo aver nuovamente sbagliato il sentiero, siamo riusciti ad arrampicarci per l’impervio pendio fino alla grotta della Pollera, l’antro della quale lascia davvero senza fiato: infatti la cavità di ingresso è alta 15 metri e la parte visitabile è lunga un centinaio. Per addentrarsi nel cuore della montagna bisogna invece avere l’attrezzatura e il titolo per farlo (quello di speleologo preferibilmente). Sulla destra, dopo l’ingresso, ci si può calare addentrandosi in diversi cunicoli e cavità anguste, per circa 500 metri e 64 di profondità. Dev’essere davvero impressionante, ma a noi comuni mortali è concesso solo ammirare l’imponenza di questa enorme grotta da fuori.

Dopo la sosta alla Grotta della Pollera, non restava che cercare quella dell’Edera. Inutile dire che anche in questo caso la ricerca è stata abbastanza difficoltosa per l’assenza assoluta di segnaletica. La Grotta dell’Edera è davvero un luogo particolare; si tratta di un grande cilindro roccioso a cielo aperto, generato dal crollo della volta che ricopriva questa grande grotta.
E’ un luogo conosciuto per la sua valenza geologica ed è chiamata così perché l’edera ne ricopriva le pareti internamente ed esternamente.
Sembra che la grotta sia raggiungibile da tre diverse altezze, ma ci vuol tutto che noi abbiamo scoperto un ingresso, cioè quello inferiore. Da fuori non si può minimamente immaginare cosa nasconde il cuore della montagna. Si entra in un antro buio dove appunto non di vede niente…ma se ci si addentra più in profondità si scorge una corda che scende da un balzo di roccia. Non serve obbligatoriamente attrezzatura da arrampicata, ma bisogna essere un po’ ginnici e fare attenzione. Aiutandosi con la corda ci si tira su e si risale per circa 15 metri la grossa frana, al buio totale, per arrivare poi a uno stretto passaggio che permette di accedere alla base di una grande sala a cielo aperto. Si tratta di una vera e propria cattedrale di pietra, avvolta dal silenzio che serve agli arrampicatori esperti per riuscire nella loro ascesa. L’effetto wow è assicurato e consola dal nervosismo per la pessima segnaletica ligure.
Qui di seguito, vi mostro la mappa e la traccia del percorso, ma visti i numerosi errori di orientamento sconsiglio di seguirlo perché di certo si può studiare molto meglio.

Anello Grotte del Finalese
PUNTO DI PARTENZA e DI ARRIVO: Finalborgo
KM: 12 km circa
DISLIVELLO: circa 500 m. (ma percepiti anche di più)
DIFFICOLTA’: E
TRACCIATO: in alcune parti roccioso e sdrucciolevole, segnaletica quasi assente e alcuni punti esposti
PARTENZA ALTERNATIVA: Perti Alta (zona Chiesa Cinque Campanili) oppure località Cianassi
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